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17 Marzo 2020

Lettere dal Monferrato

Tempo di lettura: 6.1 minuti
lettere dal monferrato

Non era questo l’articolo che avevo intenzione di scrivere. Questo avrebbe dovuto essere il resoconto della mia visita nel Monferrato, il Piemonte spesso non esposto alla ribalta anche se possiede alcuni dei più interessanti vitigni a bacca rossa del Paese.

Avrei voluto parlare della saporita Freisa e del Ruchè, della loro recupero di popolarità sulla Barbera e di come ho cambiato la mia opinione sul Grignolino. Ci sarebbe stata una parte in cui vi avrei raccontato di come l’aristocrazia albese sta tenendo d’occhio a quanto succede nel Monferrato e di come un piccolo gruppo di produttori guida il movimento regionale del vino naturale. Di sicuro, non intendevo tenervi impegnati con qualcosa di troppo serio. Semplicemente una cartolina da una riservata ma laboriosa regione italiana, qualche buon vino da assaggiare e poi sarei partito per pianificare il mio prossimo articolo sulla Sardegna. …Piccoli piaceri della vita…

Quando i casi di Covid-19 hanno iniziato a comparire nel Nord Italia, ho pensato che avrei avuto bisogno di un supplemento, un appello obbligatorio a supporto della regione e dei suoi vini. Quando la Lombardia ha iniziato a mostrare segni di crisi, mi sono chiesto se gli eventi avrebbero reso l’articolo ridondante. Mentre l’Italia intera si stava fermando, parlare di uva e vinificazione sembrava stranamente frivolo, se non del tutto fuori luogo. Invece di pensare ai vini, ho iniziato a pensare alle persone. Ho contattato alcuni produttori con cui avevo parlato per scoprire come sono le loro vite, come sono cambiate e l’impatto che tutto ciò sta avendo sulla loro attività. Alcuni mi hanno gentilmente risposto; date le circostanze, “è difficile chiedere il resto due volte” come si suol dire. Scriverò ancora quell’articolo prima o poi, quando le cose saranno rientrate nella normalità oppure, in uno scenario più cupo, quando ci saremo rassegnati ad una Nuova Realtà. Per il momento, però, è così che i Monferrini descrivono la situazione.

Probabilmente già sapete come funziona la chiusura in Italia: le scuole e le Università è da un po’ che sono state chiuse (nel Monferrato dal 25/02). Poco dopo hanno fatto seguito anche i ristoranti, i bar e i negozi non essenziali. Ognuno è chiamato a stare a casa il più possibile, per uscire è richiesto un valido motivo, in caso contrario vengono applicate delle multe. Quello che potreste non sapere bene, soprattutto se avete visto i “video sui balconi” – certamente suggestivi, ma non proprio rappresentativi della realtà – è l’effetto che tutto questo ha sulla vita di tutti i giorni

Comprensibilmente, le persone si dicono spaventate, persino nel panico; qualcuno me l’ha descritta (forse con un pizzico di ironia italiana) come “una Terza Guerra Mondiale, questa volta batteriologica”. Altri riferiscono difficoltà nel pensare o nel concentrarsi sul lavoro. Hanno un impatto anche aspetti relativamente innocui, come uscire con guanti e mascherine, specialmente in un Paese dove uno stretto contatto fisico è parte integrande della cultura stessa (mi rendo conto che gli italiani del sud non avrebbero mai potuto immaginare che questo sarebbe potuto diventare un problema per i Piemontesi). “Surreale” hanno detto in molti. Mi pare un termine che renda bene.

Se vogliamo trovare qualcosa di positivo per i produttori di vino è che, tutto considerato, una cantina è uno dei luoghi migliori in cui essere rinchiusi (posso confermare che lo scambierei volentieri con un appartamento a Birmingham). Eleonora Armarino di Crealto mi ha confermato che, nella pratica, c’è stato un cambiamento relativamente piccolo nella loro routine quotidiana: fanno la spesa nei negozi locali e l’agricoltura continua a produrre come sempre; la natura non si ferma.

È una situazione completamente diversa rispetto al regno commerciale creato dall’uomo. Mentre tecnicamente le esportazioni sono ancora consentite e le merci possono sicuramente circolare in Italia, tutti segnalano un completo arresto delle transazioni. L’immagine è desolante: annullamento di ordini; riprogrammazione o rinvio indefinito di eventi, un’economia in stallo. La situazione è particolarmente disastrosa per coloro le cui entrate provengono dagli agriturismi; l’ospitalità è il settore più colpito del Paese. Tutto ingigantito da un tocco di assurdo. All’improvviso, i prodotti italiani sono visti all’estero come portatori del Coronavirus, nonostante l’evidenza mostri il contrario. Franco Morando, specialista del Ruchè e proprietario di Montalbera, mi ha detto che raccomanda di guardare il telegiornale una volta al giorno e di leggere solamente i commenti degli esperti: consiglio che tutti noi potremmo seguire.

Per quanto riguarda la produzione, le sensazioni sono diverse. Il vino continuerà ovviamente ad essere prodotto (è stato prodotto in tempi ben più difficili di questo), ma con gran parte dello stock del 2019 invenduto, ci sarà un impatto sul volume. Non sorprende il fatto che tutti abbiano bloccato i piani di investimento e l’impianto di nuovi appezzamenti. Un forte effetto per i produttori che si trovano in un’area che ha registrato una forte crescita. Stefano Gervasoni di Hic et Nunc pensa che le cose non torneranno alla normalità prima della fine dell’anno. Fortunatamente, tutte le persone che mi hanno risposto si sono mostrate stoiche o cautamente ottimiste riguardo il futuro: stringi i denti e vai avanti sperando che tutto passi presto, come ha affermato Patrizia Accornero. Ovviamente tutti ritengono che sarebbe di grande aiuto se noi continuassimo a credere nell’Italia acquistando i vini italiani più di prima (che, come afferma Eleonora di Crealto, potrebbe aiutare a far passare questo brutto periodo).

I nostri amici italiani, tuttavia, non hanno solo richieste di aiuto da parte nostra: loro invitano anche alla prudenza. La loro esperienza dovrebbe fungere da monito. Secondo Morando, i politici Italiani non hanno capito immediatamente la velocità della propagazione. Gervasoni pensa che il Regno Unito stia perdendo tempo. Accornero invece ci chiede di rispettare ogni regola imposta, secondo lei l’Italia sta pagando la superficialità con cui il problema è stato originariamente trattato. Mentre Boris Johnson trascorreva una settimana a giocherellare con la scienza comportamentale, l’eccezione britannica e “prendendola con filosofia”, faremmo bene invece ad ascoltare. Il Nord Italia, luogo con uno Stato forte e con uno dei migliori sistemi sanitari al mondo, è stato travolto. Tra qualche settimana, scopriremo come il Regno Unito affronterà una simile sfida.

State tutti riguardati!

Autore: Peter Pharos

Per gentile concessione di:
https://timatkin.com/
https://timatkin.com/letters-from-monferrato/

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